L’alba
del nuovo millennio ha segnato la fine di un’età eccezionale della
storia delle società umane: tra il 1950 e il 2000 la popolazione del
Globo è raddoppiata, mentre la produzione di derrate agricole
essenziali è triplicata. Il fenomeno, senza precedenti nei 70.000
anni di esistenza dell’Homo sapiens, presenta caratteri d’eccezionalità
tali da impedire di ritenerne scontata la ripetizione.
Si deve peraltro rilevare che la contemporanea realizzazione dei
due fenomeni ha diffuso nell’opinione collettiva il
convincimento, che è stato avallato da un ceto politico e da quello
giornalistico del tutto privi di competenze che, essendosi associata
alla chimica, la produzione agraria avesse conseguito potenzialità
produttive illimitate, che la società non dovesse favorire, ma
contenere e drasticamente ostacolare.
Le opinioni di giornalisti famosi, uomini politici, sedicenti
divulgatori scientifici, hanno favorito il diffondersi di dottrine
sulle produzioni agrarie del tutto prive di fondamenta storiche e
scientifiche, che opinion-leaders che hanno verificato nella
diffusione di paure collettive una fonte generosa di successo e
guadagni, si sono impegnati a radicare eleggendo a proprio bersaglio
l’agricoltura fondata sulla tecnologia nata dalla scienza sperimentale
originata dalle scoperte di Galileo, Bacone, Newton.
La diffusione e il radicamento di dottrine contrarie
all’agricoltura derivata dalle scoperte della chimica, della
microbiologia, della fisiologia vegetale nate nel grande alveo
della scienza galileiana ha acceso un conflitto di crescente virulenza
nell’alveo della società occidentale, una società fino al 1950
orgogliosa delle mete conseguite applicando le scoperte dei
padri della scienza moderna.
Il conflitto sta assumendo caratteri tali da tradursi in minaccia
sempre più grave per la continuità della società fondata sulla scienza
nata, sulle fondamenta seicentesche, tra il 1700 e il 1800.
Esso minaccia, infatti, la continuità del flusso di scoperte e
relative applicazioni che ha assicurato alle società umane livelli di
appagamento dei bisogni essenziali senza precedenti nella storia del
genere umano. Siccome ogni scoperta scientifica ha tempi precisi di
esaurimento delle potenzialità applicative, la continuità di quel
flusso è indispensabile ad assicurare la prosecuzione del processo che
ha garantito, dal 1700, il cibo necessario alla crescente popolazione
del Globo mediante il sistematico accrescimento delle produzioni.
Pur riconoscendo, infatti, la fondatezza delle valutazioni che reputano
impossibile la sostenibilità di una crescita illimitata della
popolazione del Pianeta, chi accetti i principi dell’etica politica e
demografica radicata nella cultura occidentale da lontani millenni deve
rigettare teorie e dottrine che, proclamando la supposta inviolabilità
della natura (che in diecimila anni l’uomo ha continuato a
modificare), si oppongono a ogni nuovo investimento in ricerca
biologica protesa al progresso agronomico.
Si deve peraltro distinguere con chiarezza l’atteggiamento,
sostanzialmente opportunistico, dei leader dei movimenti
antiscientifici che favoleggiano che i metodi di coltura che
alimentavano, sul Pianeta, una popolazione di due miliardi di abitanti,
sarebbero i più funzionali per soddisfare i bisogni dei dieci miliardi
di uomini che popoleranno la terra tra cinquant’anni. Fondamentalmente
disonesta, siccome priva di ogni consistenza, è la posizione delle star
della lotta alla scienza in agricoltura in Italia.
Appare più onesta, nell’assoluta brutalità, la posizione dei movimenti,
in particolare tedeschi, impegnati a impedire ogni investimento in
ricerca nel proprio paese (dalla cui tradizione scientifica potrebbero
scaturire le scoperte necessarie al futuro alimentare del Pianeta)
proclamando che quelle scoperte produrrebbero un indesiderato
accrescimento della popolazione mondiale, e bandendo l’imperativo che
le nazioni prive di mezzi per il progresso scientifico della propria
agricoltura debbano essere abbandonate alle “leggi della natura” cioè a
immani carestie che ne riducano l’entità a quella consentita dalle
pratiche ancestrali diffuse nei medesimi paesi.
Considerando che:
• deve reputarsi legittima l’aspirazione delle
popolazioni dei continenti meno evoluti a una vita di pari
dignità di quella tradizionale dell’Occidente (come proclamò
chiaramente la Conferenza sull’alimentazione tenuta a Roma nel 1973);
• che l’incremento demografico nei paesi meno dotati
di risorse agricole deve essere contenuto mediante il
ragionevole convincimento delle popolazioni a diminuire i tassi di
natalità;
• che l’aumento necessario delle produzioni agricole
deve essere ottenuto con la minore possibile compromissione
degli equilibri naturali, un obiettivo peraltro accettato dalla
ricerca agraria degli ultimi decenni.
Il Convegno che ha riunito a Firenze, il 19 aprile 2013, nell’auditorio
di Santa Apollonia, genetisti, agronomi, responsabili di organizzazioni
e movimenti agricoli,
ribadisce
• il ruolo essenziale del progresso delle conoscenze
scientifiche per l’ottenimento di produzioni crescenti sulla
superficie attualmente coltivata, evitando l’ulteriore
compromissione del patrimonio di foreste dell’intera umanità;
• la necessità di una nuova, solidale distribuzione
del frutto delle risorse agrarie planetarie;
• l’urgenza di una globale campagna
d’informazione che dissipi la paura della scienza propagata da cultori
del proprio successo mediatico indifferenti a qualunque onestà dei
messaggi diffusi.
Eddo Rugini
Università degli Studi della Tuscia
Antonio Saltini
Università degli Studi di Milano
Amedeo Alpi
Università di Pisa
Michele Stanca Presidente
UNASA
Antonio Blanco Università
degli Studi di Bari
Silvio Salvi
Università di Bologna
Pietro Cravedi Università
Cattolica del Sacro Cuore Piacenza
Luigi Rossi
Presidente FIDAF
Francesco Salamini Presidente
Fondazione Edmund Mach
Francesco Marino
Presidente AgronomiperlaTerrA
Silvano Dalla Libera
Vice Presidente Futuragra
Pier Luigi
Graziano Presidente Associazione Italiana
Fertilizzanti
Federico Baglioni
Dottore Magistrale in Biotecnologie Molecolari e Bioinformatica